Ci vuole orecchio! Già, per produrre un buon caffè ci vuole orecchio, ma anche occhi e naso.

La tostatura è un processo che coinvolge questi tre sensi, indispensabili per ottenere un buon prodotto.

Cominciamo dalla vista. Anzi, meglio: iniziamo dall’etimologia. Tostatura, detta anche torrefazione, deriva dal verbo latino torrefacere, cioè far seccare. Il chicco di caffè viene seccato durante il processo di tostatura, al termine del quale il chicco manterrà solo l’1% della sua umidità orginaria.

Dotato del suo tostino, il maestro tostatore vigila con lo sguardo i chicchi nella macchina tostatrice: occhio al colore per capire quando è il momento di scendere il caffè (cioè estrarlo per metterlo nella vasca di raffreddamento). In questa fase, ci vuole anche un buon naso. L’olfatto riveste un ruolo importante. Grazie a questo senso è possibile verificare se durante la tostatura il chicco di caffè mantiene quelle sostanze che definiscono il profumo. Per questo motivo il processo di tostatura non deve essere “spinto” – con il rischio che il caffè sappia di bruciato – ma dolce: così facendo, il caffè in tazza manterrà il suo profumo e cremosità.

L’ultimo senso coinvolto durante la torrefazione del chicco del caffè è l’udito. L’orecchio del maestro tostatore è pronto a cogliere il primo ‘crac’: è il rumore che si percepisce quando il chicco si apre nella parte centrale e comincia a formarsi la classica fessura. Questo fenomeno è dovuto alla pressione interna esercitata dall’umidità che viene via via espulsa. Nella fase finale della torrefazione, spinta a una temperatura intorno ai 160 gradi, i chicchi continuano a ingrandirsi, ma solo quando sono scesi e posti nella vasca di raffreddamento si sentirà il secondo ‘crac’.

Occhi, naso e orecchi si danno veramente da fare per garantire in tazza il classico espresso italiano: corposo, caramellato e buon profumo.  La parola, ora, passa al palato. Il vostro.

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